venerdì 26 febbraio 2016

Per Olov Enquist - IL LIBRO DELLE PARABOLE - Iperborea

Per Olov Enquist

IL LIBRO DELLE PARABOLE
Un romanzo d'amore


Iperborea

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L’occhio gli cadde su una copertina. Il libro delle parabole. Parabole!? Si parla forse di religione? È il commento di questo autore svedese, Per Olov Enquist, al Vangelo?

Lo prese in mano e si accorse del sottotitolo: Un romanzo d’amore. L’amore!! Gesù ha parlato di amore, certo – no, non soltanto parlato, ne sapeva molto di amore, lui! – e gli scrittori di ogni epoca hanno parlato di amore. Si possono scrivere ancora libri sull’amore? Si devono scrivere! L’uomo non deve mai stancarsi di farlo. Ogni parola di un libro sull’amore è un fiammifero che si accende nelle notti feroci, una stella cadente che appare, anche solo per un attimo – ma appare.

Guardò l’indice. Nove parabole. No, nove capitoli. Ma insomma! Secondo il sottotitolo, si trattava di un romanzo! Un romanzo fatto di parabole. Pazzesco!!

Aprì a caso e capì subito che quel libro era suo, che doveva leggerlo, che gli avrebbe dato molto. Trovò subito una chiave per capire cosa fossero le parabole. “Si tratta spesso di piccole facezie che virano rapidamente verso qualcosa di nero come la notte”. Lesse pagine sparse. Quelle dell’autore non sono “vicende” o “storie”, ma “parabole”. Enquist vuole dunque farci riflettere sul significato della sua propria vita? O della nostra (dei lettori) vita, mettendoci a disposizione la sua biografia? O cerca una chiave di lettura per iniziare a comprendere se stesso – perché mai si potrà finire? Tutte spiegazioni valide – perché no? Tutte! Il mondo è ampio, enorme, c’è posto per tutto e tutti. E nonostante la notte sempre più buia, tutti, tutti! possono regalare una scintilla.

Pensò che la vita dell’autore era stata nera come la notte, perché questo libro parlava dell’autore – ma fece fatica a capirlo: gli occorse tempo. L’autore parlava di sé, ma in terza persona, come se – come se cosa? Come se per parlare di se stesso, Enquist avesse avuto bisogno di allontanarsi, di uscire dalla propria pelle così come dopo una lunga immersione su fondali intorbiditi da mareggiate senza fine, si nuoterebbe di corsa, polmoni che scoppiano, a riprendere aria. E solo là fuori, nonostante gli occhi che bruciano per il sale, il vento che risucchia ogni calore, è possibile narrarsi. Vivere quanto basta per narrarsi.
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Mi sono permesso di “recensire” questo testo attraverso uno scimmiottamento dello stile di Enquist, sperando di metterne in luce qualche aspetto. La terza persona per parlare di sé; l’uso del corsivo; la punteggiatura sovrabbondante. Il susseguirsi di frasi che di colpo sviano, conducono altrove, folgorano. Il libro delle parabole non è un libro da leggere. È da consultare, digerire, meditare, aprire a caso in un qualunque momento della giornata, e in ogni pagina si troverà polvere d’oro.


Paolino

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