Luma...che???
di Barbara Zanella
Una bella giornata. Era
ora! Questa primavera si stava facendo attendere.
A quasi metà aprile,
tutti i lavori nell'orto e in giardino erano in ritardo pauroso. Nei
negozi e nelle serre la gente sgomitava per prendersi le piantine più
forti e rigogliose. Le più agguerrite erano le signore, accompagnate
dai mariti-facchini. Avevano il compito di caricare quintali di
terriccio universale nei carrelli e, come ovvio, dare man forte alle
consorti, impegnate nelle risse per la conquista del geranio dal
colore più brillante e del pomodoro più robusto.
Evaristo e Adalgisa erano
riusciti ad arrancare fino alla macchina, carichi di duro lavoro per
i prossimi giorni. Borbottando per i prezzi da ladri e brontolando
per la maleducazione di quella
befana-coi-capelli-alla-Moira-Orfei-che-aveva-tentato-di-tenersi-l'ultima-piantina-di-pansé-viola-presa-per-prima-neanche-fosse-la-regina-d'Inghilterra,
guidarono fino a casa.
L'uomo, sotto la stretta
sorveglianza della moglie, scaricò il tutto, attento a non sciupare
il pansé conquistato a gran fatica. Dopo di che si misero all'opera.
La signora aveva già
ripulito tutti i vasi settimane fa, per non trovarsi impreparata alle
prime avvisaglie di belle giornate. Iniziarono con i ciottoli e
l'argilla per il drenaggio, mettendone sul fondo delle fioriere,
quindi del terriccio mescolato con un po' di sabbia.
Adalgisa cominciò a
preparare le composizioni, badando alla disposizione dei vari colori.
Per ultimo lasciò il pansé, che ottenne un posto d'onore
nell'aiuola proprio di fronte all'entrata della loro bella casa, ben
visibile dalla finestra di quell'antipatica chiacchierona della
signora Bice.
Lavorarono sodo, ma a
sera la maggior parte del lavoro poteva dirsi terminata. Misero tutto
in ordine ed entrarono per la cena.
Mangiarono, riassettarono
e si accomodarono davanti alla tv. Quando andarono a letto si
accorsero che piovigginava. Era quella pioggerellina delicata,
primaverile, ottima per le piantine appena messe a dimora.
Sognarono un giardino
meraviglioso, fonte di ammirazione e invidia per tutto il vicinato, e
la loro foto sulla prima pagina di Gardenia.
Al mattino, di buon'ora,
videro che aveva smesso di piovere. Fecero colazione e si prepararono
per lavorare ancora tra piante e concime.
Ma una brutta sorpresa li
accolse sulla soglia di casa. Si girarono a guardarsi fra loro con le
bocche spalancate: "Ma cosa diavolo è successo?" esclamò
il buon Evaristo.
"Scommetto che è
opera del nipote del cugino del cognato della Cesira! Ci ha sempre
invidiati, e poi è un delinquente. Me lo ha raccontato la comare
della sorella della perpetua del prete!" urlò Adalgisa.
Il loro bel giardino
sembrava un campo di battaglia. I fiori piccoli erano scomparsi,
mentre di quelli un po' più grandi non rimaneva che qualche stecco
solitario. Le fioriere di plastica erano... ecco... morse, come se
qualcuno o qualcosa se le fosse pappate. Anche i sacchi del terriccio
erano rotti e il contenuto sparso ovunque.
I guanti non c'erano più,
nemmeno quelli in cuoio. Il manico era l'unica parte rimasta degli
innaffiatoi. Perfino il rastrello grande era ridotto in briciole.
La signora Bice, sentendo
quelle urla, uscì a vedere cosa fosse successo. Quando Adalgisa vide
la vicina appoggiarsi allo steccato, afferrò l'unica cosa rimasta
sana: una paletta per piantare bulbi, con un pezzetto di aglio ancora
incastrato nella la lama: "Bice! Confessa, sei stata tu! Avevi
invidia di quel meraviglioso pansè, Vero?"
"Ma che dici? Io non
ho fatto nulla! Il tuo pansè, poi..."
"Cosa vorresti dire?
Era un fiore bellissimo e il colore era una vera rarità!"
"Rarità per te! Per
noi veri giardinieri era poco più di un'erbaccia."
"Cosa? Evaristo, hai
sentito? Ora vengo là e ti cavo gli occhi, brutta megera! Vandala
che non sei altro!"
"Ah! Ti aspetto,
razza di vecchiaccia zappazolle buona a nulla!"
Evaristo intanto stava
girando per il giardino. Guardava l'attrezzatura con la fronte
aggrottata: lui e la moglie non si erano accorti di niente.
Si avvicinò anche
Odelio, il marito di Bice. I due uomini, al contrario delle loro
mogli, andavano d'accordo e si erano simpatici.
"Odelio, te che
dici?"
"Guarda, io 'na roba
del genere non l'ho mai vista. Non riesco ad immaginare nulla che
riesca a fare tutti 'sti danni."
Evaristo si girò verso
le due donne accapigliate fra lo steccato: "Senti, forse è
meglio se le dividiamo, prima che si cavino gli occhi."
Riportata un po' di
calma, non rimase altro da fare che sistemare tutto e andare a
ricomprare quel che era stato danneggiato.
Ritornati dalla serra,
riprepararono i vasi e le aiuole. Finirono a sera inoltrata e dalla
stanchezza non cenarono nemmeno. Andarono a letto lasciando la
finestra leggermente aperta per controllare meglio il giardino.
Dormirono restando sempre
all'erta per sentire il minimo rumore sospetto.
Al mattino, per prima
cosa, uscirono per verificare che fosse tutto in ordine.
Per la seconda volta si
fissarono, imbambolati sull'uscio. Davanti a loro c'era la stessa
devastazione del giorno prima.
Lo stupore lasciò questa
volta spazio alla determinazione. Adalgisa sarebbe tornata alla serra
e avrebbe ripiantato tutto, a costo di rimetterci tutta la pensione.
Evaristo sarebbe andato al cementificio e avrebbe asfaltato tutto, a
costo di rimetterci tutta la pensione.
L'esito sarebbe dipeso da
chi fosse tornato a casa per primo.
Intanto, sotto la
siepe, un gruppo di Achatina fulica si stava riposando, digerendo a
fatica il secondo lauto pasto in due giorni. Certo che questi umani
eran proprio gentili a fornire dei pranzetti freschi e abbondanti.
Peccato che di pansé viola ce ne fosse solo uno...
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